Sanità, aeroporto e spazzatura: è ancora possibile auspicare un salto di qualità per Reggio Calabria?

Riceviamo e pubblichiamo:

A cosa serve fregiarsi dell'appellativo di Città Metropolitana, se poi, a giorni alterni, incombe la chiusura dello scalo aeroportuale?
A cosa serve avere un aeroporto in un hotspot di eccellenza, che potenzialmente potrebbe essere un unicum, ma che collega Reggio Calabria al resto dell'Italia con tre voli in croce, che si aggiungono ai due treni a lunga percorrenza?

Quanto dovremo aspettare per realizzare collegamenti intermodali, degni di questo nome con la città dirimpettaia, Messina, per dare vita finalmente alla Regione dello Stretto, vagheggiata dallo storico Gaetano Cingari: una conurbazione di un milione di abitanti, con bellezze naturalistiche e rarità (Scilla, Isole Eolie e Taormina, giusto per citare solo alcune località turistiche paradisiache)?

E invece siamo sempre lì a mercanteggiare proroghe, a sperare che il cash flow di Alitalia regali boccate di ossigeno di qualche mese, accanimento terapeutico per le sorti del sito aeroportuale, con la chimera che la scure dell'ennesimo piano di ridimensionamento non intacchi i già risicati livelli occupazionali (40 dipendenti) di una realtà ampiamente periferica. Il tutto mentre altri lidi (Crotone e Lamezia) e altre compagnie mordi e fuggi, ottengono finanziamenti, centralità di progetto e continuità territoriale, in una perenne lotta fratricida, che depreda ulteriormente la Provincia di rotte aeree, consegnandola al sicuro isolamento. Una pena di Sisifo quotidiana, sfibrante a tutti i livelli.

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A che serve porsi come garante del territorio e fare stanchi sproloqui elettorali, presentarsi in pompa magna come alfiere del cambiamento, evocare il mito della Reggio bella e gentile, se poi si assiste silenti e inermi a questo scempio di risorse?
A che serve vivere una condizione di minorità sociale, se i servizi erogati avvicinano, con rispetto parlando, il contesto d'insieme più al Maghreb che all'Europa?

A cosa serve spendere otto euro su dieci del bilancio in spesa sanitaria, se per fare una radiografia in ospedale devi scomodare il compare di turno, chiedere la raccomandazione per saltare le eterne liste di attesa, o fare il pendolare della salute nei casi più gravi per guadagnare il diritto alla salute?
È avvilente vedere i cumuli di spazzatura ustionati dal sole di ottobre, che cingono le strade cittadine come arredi urbani, in una circolazione caotica nei grovigli di vie, con veicoli che si sovrappongono, parcheggiati in sosta irregolare, e una bicicletta che non si vede neanche per sbaglio, laddove non esiste nemmeno un chilometro di pista ciclabile a norma.
Senza infrastrutture e investimenti seri anche nella cultura e nel merito non si può immaginare un presente per questa realtà, figurarsi un futuro, che non sia quello di emigrazione di massa, per chi rifiuta di vivere in una marginalità così strutturale e perversa.
È ancora possibile auspicare un salto di qualità nell'amministrare questo territorio? In tutte le sue articolazioni: Comune, Regione, Città Metropolitana.

O è bene rassegnarsi e smettere di resistere nella no hope land, nella città del Gotha della 'ndrangheta, che non farà mai grano, tanto al peggio non v'è mai fine?

Claudio Careri, emigrante calabrese